giovedì 22 ottobre 2009

L’acribìa storica

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«Chi conosce le leggi della storia sarà d’accordo con me che uno storiografo fedele al suo compito deve sbarazzarsi dello spirito di adulazione e di maldicenza. Egli deve, per quanto sia possibile, mettersi nelle condizioni dello storico che non è agitato da nessuna passione. Insensibile a tutte le altre cose, egli deve badare soltanto agli interessi della verità e per amore di questa deve sacrificare la sensibilità per un torto che gli sia stato fatto o la memoria di un beneficio ricevuto, e persino l’amor di patria. Deve dimenticare che appartiene a un dato paese, che fu educato a una data fede, che deve riconoscenza a questo o a quello, che questi o quelli sono i suoi genitori, i suoi amici. Uno storico in quanto tale è [...] senza madre e senza discendenti. Se gli si domanda di dove viene, deve rispondere: Non sono né francese né tedesco, né inglese né spagnolo; sono cosmopolita; non sono né al servizio dell’imperatore né al servizio del re di Francia, ma esclusivamente al servizio della verità; questa è la mia unica regina, alla quale ho prestato giuramento di obbedienza».

P. Bayle, Dizionario storico-critico

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