domenica 4 ottobre 2009

Federico II di Svevia

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Federico II di Hohenstaufen e il suo falcone
raffigurati nel suo libro De arte venandi cum avibus



Nel Proemio della sua opera Sull’arte di cacciare con gli uccelli, Federico II formula alcuni criteri metodologici di notevole interesse. Dopo aver dichiarato che molti libri sulla caccia godevano fama immeritata perché in realtà erano «menzogneri e inadeguati», l’imperatore rivendica la propria indipendenza di giudizio anche nei confronti di Aristotele: «Nello scrivere abbiamo anche seguito Aristotele, quando ciò apparive necessario. In alcuni punti, tuttavia, siamo dell’opinione, sulla base delle esperienze da Noi condotte, che, per quanto concerne la natura di determinati uccelli, egli si sia allontanato dalla verità. Pertanto non in tutto concordiamo con il Principe dei filosofi, giacché mai o solamente di rado egli si dedicò all’uccellagione, a differenza di Noi che l’abbiamo sempre amata e praticata. Aristotele racconta molte cose sugli animali, specificando che furono altri a dirle; ma ciò che altri sostennero, egli stesso non vide, né fu visto da coloro che per lui si resero garanti. La certezza non si raggiunge con l’orecchio... In questo trattato di falconeria è Nostra intenzione mostrare le cose così come esse sono, e presentarle come un’arte precisa, perché finora sono mancate, in proposito, sia l’arte sia la scienza».


Addestramento e cura dei falchi da caccia in una miniatura
dal De arte venandi cum avibus dell’Imperatore Federico II
(Biblioteca Apostolica Vaticana)

L’opera consiste in un trattato di falconeria cioè sui sistemi di allevamento, addestramento e impiego di uccelli rapaci (propriamente falchi) nella caccia (soprattutto ad altri uccelli, tutti accuratamente descritti nell’opera). Essa sarebbe, in realtà, un rimaneggiamento di una traduzione effettuata dal siriano Teodoro di un testo arabo. Federico ampliò il testo e aggiunse il notevole corredo di immagini. Ulteriori aggiunte furono effettuate dal figlio Manfredi, anch’egli valente falconiere.


Scritta in lingua latina, si compone di due parti, la prima sull’ornitologia (un vero e proprio “trattato di ornitologia generale”, secondo lo studioso Ernst Kantorowitz), l’altra specifica sui falchi e la falconeria. Da notare che in alcuni fogli non sono state ultimate le figure, rimaste ancora da colorare, probabilmente perché il trattato era ancora in fase di lavoro. Il famoso manoscritto, oggi conservato in Vaticano, è illustrato da miniature e risale probabilmente alle direttive dell’imperatore stesso. In oltre 500 immagini d’uccelli, sono presentate almeno un’ottantina di specie. Inoltre, e questo è senza dubbio sorprendente in un manoscritto medievale, vi si trovano descrizioni sul volo e su altri tipi comportamentali degli uccelli stessi.

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